Scrivono i magistrati della Procura di Palermo
nella requisitoria al cd. Processo Andreotti:
<<Il 31 ottobre 1958 viene eletto in Sicilia il primo dei tre governi regionali
presieduti dall'on. Silvio MILAZZO. Sotto il profilo politico, l'operazione che porta
alla formazione di questo Esecutivo - e di quelli che lo seguiranno - è conseguenza di
una profonda spaccatura maturata in seno al partito della Democrazia Cristiana, di cui
proprio l'on. MILAZZO si rende acceso protagonista. La cosiddetta "Operazione
Milazzo", che in tempi diversi mette insieme una inusuale coalizione composta da un
nucleo di dissidenti democristiani - avversari della corrente fanfaniana - monarchici,
missini e socialisti, e che può contare sul sostegno esterno del Partito Comunista, viene
proposta dalle cronache dell'epoca come uno degli ultimi tentativi del vecchio
"notabilato" democristiano di conservare autonomia rispetto al nuovo
"partito-macchina" organizzato dal segretario DC Amintore FANFANI.
Si esporrà nel prosieguo come tale operazione politica avesse ottenuto anche un sostegno
iniziale da parte del gruppo SALVO-CAMBRIA e dal noto esponente di Cosa Nostra Paolino
BONTATE, padre di Stefano BONTATE, che con i SALVO ha intrattenuto - fino alla sua
scomparsa - solidi e durevoli rapporti. Sostegno che il gruppo degli esattori si affrettò
poco dopo a ritirare, su sollecitazione dei referenti politici dell'epoca e con l'assenso
di Cosa Nostra. Come contropartita al ritiro dell'appoggio al Governo MILAZZO, i SALVO
otterranno un trattamento di favore in materia di legislazione esattoriale, tale da
determinare in pochi anni una espansione senza precedenti dell'intero gruppo.
L'esperienza milazziana in Sicilia si chiude definitivamente nel febbraio del 1960, per
lasciare spazio al primo governo di centrosinistra presieduto dall'on. Giuseppe D'ANGELO.
[
] Nel corso del dibattimento, il teste on. GIUSEPPE CAMPIONE ha richiamato alcune
vicende legate alla sua esperienza politica regionale negli anni 50-60, con specifico
riferimento al ruolo che i cugini SALVO svolsero nell'ascesa e nella caduta
dell'esperienza milazziana, raccontando che egli - giovane attivista democristiano - nel
corso delle sue ripetute trasferte a Palermo presso l'Hotel delle Palme, aveva
frequentemente avuto occasione di vedere Antonino e Ignazio SALVO riuniti presso le sale
dell'Albergo, intenti a pianificare strategie e tattiche politiche, in compagnia di
deputati eletti all'Assemblea Regionale e di altri personaggi che - pur non avendo
incarichi istituzionali o di partito - avevano comunque un certo peso e ruolo nella
burocrazia o nelle anticamere degli Assessorati, tale da contribuire alla determinazione
degli indirizzi di politica regionale in Sicilia:[
]
Il
teste on. GIUSEPPE ABBATE, già dirigente regionale del partito della Democrazia
Cristiana, dietro sollecitazione della difesa, ha ricordato in udienza il contenuto delle
conversazioni avute con l'ex Presidente della Regione Giuseppe D'ANGELO - con cui il teste
ha coltivato rapporti di amicizia ed affetto - circa la capacità di condizionamento dei
cugini SALVO nell'ambito della politica di governo regionale. Il teste, in particolare, si
è soffermato nel ricordare quanto personalmente riferitogli dal D'ANGELO circa il ruolo
di "finanziatori" assunto dagli esattori di Salemi nella cosiddetta
"Operazione Milazzo": "[...] i Salvo erano praticamente la borsa di quel
progetto, lui (D'Angelo) attribuiva ai Salvo una responsabilità decisa, erano stati i
finanzieri di quella operazione politica nell'ambito del Parlamento Regionale del Governo
della Regione. Come ognuno di noi storicamente ricorda fu un'operazione di potere
trasversale che andava dall'estrema Sinistra fino alla Destra... [...] ...alla Destra
Monarchica. [...] C'era, il riferimento al milazzismo è proprio ad un progetto
trasversale, politico ed economico di cattiva politica e di cattiva economia laddove i
Salvo certamente non erano esponenti politici, ma erano i finanziatori di questo progetto.
Quindi D'Angelo attribuiva ai Salvo un ruolo preciso che era quello di banca per la
realizzazione di questo progetto. [...]" (Udienza del 26.11.96, pagg. 100 e ss.)
Il gruppo finanziario gestito dai SALVO, dunque, per l'enorme potere di cui disponeva, era
nelle condizioni di sostenere un progetto di governo, condizionando le dinamiche e le
alleanze politiche all'Assemblea Regionale Siciliana; così come, del resto, era nelle
condizioni di liquidarlo, come effettivamente sarebbe accaduto per l'esperienza
"milazziana". In quel caso, infatti, con la stessa determinazione con cui lo
avevano sostenuto economicamente, i SALVO e la lobby familiare di cui essi erano diretta
espressione, sarebbero stati i principali artefici della caduta del governo Milazzo. E che
tale determinazione non fosse frutto di battaglie politiche e parlamentari ma di accordi
"di corridoio", maturati sulla base di interessi extraistituzionali e gestiti
dalle potenti famiglie degli esattori, veniva confermato dallo stesso ANTONINO SALVO che,
interrogato nel 1984 dai giudici istruttori Giovanni FALCONE e Paolo BORSELLINO, ammetteva
di essere stato il protagonista di questa vicenda politica regionale: "[
] D.R.:
Sono sicuro di essere vittima di una persecuzione politica ed in particolare di essere reo
di aver fatto cadere il governo Milazzo, che era appoggiato dalla mafia, notoriamente. Da
allora sono sotto il mirino dei politici ed in particolare anzi soltanto del Partito
Comunista Italiano e quindi del giornale L'Ora. [
]" (Atti Irripetibili -
Processo Verbale di Interrogatorio dell'imputato del 18 aprile 1984, pag. 7)
Una ulteriore conferma del peso extraistituzionale esercitato dal gruppo degli esattori
sulla politica regionale e sulle dinamiche di formazione delle decisioni all'interno della
classe dirigente politica di quel periodo, ci è inaspettatamente giunto dalla deposizione
del teste della Difesa avv. VITO GUARRASI, il quale nel riferire delle sue conoscenze
circa le responsabilità dei SALVO nel fallimento dell'esperienza "milazziana"
in Sicilia, ha ricordato un episodio inedito della storia di quel periodo. Egli ha
riferito di aver appreso dall'on. PIGNATONE, segretario del Partito Cristiano Sociale, di
un suo incontro con Francesco CAMBRIA avvenuto sul traghetto Palermo - Napoli e del
contenuto di alcuni argomenti che nel corso della traversata erano stati oggetto di
conversazione; il CAMBRIA, affrontando alcuni temi politici, aveva fatto un preciso
riferimento al "caso MILAZZO", affermando: "Io mi sono pentito, a me mi
hanno impegnato per abbattere il governo MILAZZO e ho fatto male".
"[
] PUBBLICO MINISTERO: Le chiedo se conferma di avere dichiarato in questo
decreto... in questo decreto, in questa intervista, sempre virgolettato: I SALVO furono
sempre contro MILAZZO, anzi pagarono per fare fallire l'esperienza politica milazziana e
ci riuscirono. - Lei l'ha affermato?
GUARRASI VITO: Si.
PUBBLICO MINISTERO: Quindi a lei risulta che...
GUARRASI VITO: Era il mio pensiero.
PUBBLICO MINISTERO: A lei risulta che i SALVO erano tanto potenti da fare crollare un
governo regionale come quello di MILAZZO? Cioè su che cosa la basa, su esperienza
personale?
GUARRASI VITO: Veda, io non è che sono in grado di dare un giudizio tassativo, ero fra
quelli che pensavano che i soldi occorrenti per abbattere il governo MILAZZO fossero stati
versati dai SALVO.
PUBBLICO MINISTERO: Scusi, mi sono... i soldi occorrenti per...?
GUARRASI VITO: Per... sa...
PUBBLICO MINISTERO: Per...?
GUARRASI VITO: Per fare l'operazione -INCOMPRENSIBILE- pagare... io non vorrei ora dire
delle cose che poi non mi risultano tassativamente, ma c'erano delle voci per cui un
senatore, un deputato aveva fatto una dichiarazione...
PRESIDENTE: No, no, avvocato, le voci li lasci stare...
GUARRASI VITO: E perciò...
PRESIDENTE: Lasci stare le voci, parli di quello che a lei risulta.
GUARRASI VITO: Però giustamente il Pubblico Ministero mi dice lei ha detto questa cosa.
Raccoglievo una voce, questo lo debbo dire.
PUBBLICO MINISTERO: Raccoglieva una voce o delle voci e poi voglio dire, quando lei dice
raccolgo una voce intende riferirsi delle persone con le quali ha parlato e che le hanno
detto questo? Oppure lei l'ha letto sui giornali? Cioè cosa intende per raccogliere delle
voci, ha parlato con delle persone di cui non ricorda il nome oppure lo leggevo sui libri,
lo leggevo sui giornali, cosa intende lei per voci?
GUARRASI VITO: Senta, io glielo posso dire...
PUBBLICO MINISTERO: Siamo qua per questo.
GUARRASI VITO: ... questa voce come l'ho raccolta. Il partito cristiano sociale aveva un
segretario che era l'onorevole PIGNATONE, trovandosi sul postale di Napoli e incontrando
per caso un conoscente che era don CICCIO CAMBRIA, perchè lo chiamavano così, questo gli
disse: Io mi sono pentito, a me mi hanno impegnato per abbattere il governo MILAZZO e ho
fatto male.
PRESIDENTE: E ho fatto...?
GUARRASI VITO: Questa mi pare una voce attendibile.
PRESIDENTE: E ho fatto...?
GUARRASI VITO: Ho fatto male. Sono stato impegnato, non è che ha detto mi hanno chiesto
tot.
PRESIDENTE: Questo lo diceva CAMBRIA a PIGNATONE...
GUARRASI VITO: CAMBRIA a PIGNATONE, PIGNATONE l'ha detto a me, insomma andiamo... è una
fonte abbastanza...
PUBBLICO MINISTERO: Quindi CAMBRIA, se ho capito bene, mi scusi, ha detto: Io mi sono
impegnato per...
GUARRASI VITO: Lui, CAMBRIA, faceva politica, non è che... era un uomo di, in un certo
senso, di potere, di cose...
PUBBLICO MINISTERO: Si...
GUARRASI VITO: ... ora, CAMBRIA evidentemente gli disse...
PUBBLICO MINISTERO: No, no, proprio la frase, scusi, proprio la frase io non ho capito
bene.
GUARRASI VITO: Bisogna abbattere il governo MILAZZO...
PUBBLICO MINISTERO: Questo.
GUARRASI VITO: ... e lui dice che lo hanno impegnato, che cosa ha fatto non lo so, giuro
che non lo so.
PUBBLICO MINISTERO: Lo hanno impegnato in questa azione... quindi lo hanno impegnato in
questa azione e poi lui se ne era pentito?
GUARRASI VITO: Gliel'ha detto, o l'ha detto per cortesia o è vero, ma io penso che se
l'ha detto c'è un fondo di verità perchè CAMBRIA non era un tipo che parlava così. Gli
ha detto a PIGNATONE, dice: A me mi hanno impegnato e me ne sono pentito.
PRESIDENTE: Quindi in quel momento già era caduto il governo MILAZZO?
GUARRASI VITO: Si, si, era caduto e anche PIGNATONE era disinteressato, insomma... ho
parlato di discorsi di aeroporti, questo è un discorso di postale. [
]"
(Udienza del 23.09.98, pagg. 62 e ss.)
Ma
l'intervento dei SALVO sulle vicende politiche siciliane non si sarebbe certo arrestato
dopo il crollo del governo Milazzo. Il teste on. GIUSEPPE ABBATE ha rievocato in udienza
anche i termini del durissimo scontro che - intorno alla fine degli anni '60 - oppose
l'on. D'ANGELO, già segretario regionale del partito della Democrazia Cristiana e
Presidente della Regione nel periodo immediatamente successivo all'"Operazione
Milazzo", agli esattori di Salemi. Infatti, nonostante con legge regionale 11.1.1963
nr. 8 venisse approvato il disegno di legge nr 531 (presentato il 14.11.1962 dal Governo
regionale presieduto dall'on. D'ANGELO), concernente la conferma in carica - per il
decennio 1964-1973 - del gruppo facente capo ai SALVO quale agente per la riscossione dei
tributi in Sicilia, contestualmente veniva stabilito che nessun Ente o struttura potesse
ottenere il conferimento o l'assegnazione di un numero complessivo di esattorie il cui
carico di riscossione avesse superato nel 1962 i venti miliardi di lire. La normativa -
pochi anni dopo - sarebbe stata platealmente disattesa, attraverso l'assegnazione di
incarichi di riscossione delle imposte a nuove società, in qualche modo riconducibili
sempre allo stesso gruppo dei SALVO-CAMBRIA.
La legge di proroga del 1963, peraltro, sarebbe stata votata solo contestualmente al
ritiro in aula del disegno di legge del Governo istitutivo dell'Ente regionale di
riscossione tributi, messo a punto dall'assessore alle Finanze GRIMALDI, che per tale
iniziativa fu costretto subito dopo a lasciare l'incarico in Giunta.
I SALVO avrebbero definitivamente saldato il loro "conto politico" con il
Presidente D'ANGELO solo qualche anno più tardi. Infatti, dopo la caduta del suo ultimo
governo, D'ANGELO non sarebbe più riuscito ad ottenere la rielezione all'Assemblea
Regionale Siciliana in occasione delle consultazioni regionali del 1967; mancata
rielezione che - secondo le testimonianze dei protagonisti della vita politica di quel
periodo - era stata determinata proprio da un'opera di sistematico boicottaggio da parte
dei SALVO, perseguita anche attraverso un ingente impegno finanziario in favore del suo
diretto avversario, nel corso di tutta la campagna elettorale. Con metodi non dissimili,
cioè, da quelli perseguiti per operare nel "caso Milazzo">>. |