La guerra di Mafia degli anni Ottanta

Giuseppe CalòNel 1978 fanno il loro ingresso in "Commissione" anche Giuseppe Greco "scarpuzzedda" e, al posto di Filippo Giacalone (amico di Bontate), Francesco Madonia, capo della famiglia di Resuttana; i due nuovi componenti dell'organo di governo mafioso sono fedeli alleati dello schieramento "corleonese".
Nello stesso anno, dopo una contrastata discussione, la Commissione decide di "posare" Gaetano Badalamenti, cui viene attribuito il torto di aver fatto assassinare Francesco Madonia, capo della "famiglia" di Vallelunga e alleato dei "corleonesi".Omicidio Bontade Sempre nel 1978 vengono assassinati Giuseppe Di Cristina, capo della "famiglia" di Riesi (CL), e Giuseppe Calderone, autorevole capo della famiglia di Catania, entrambi alleati di Bontate e di Salvatore Inzerillo. Mentre due anni dopo, nel 1980, entra in "commissione" un altro "corleonese" di stretta osservanza, Giovanni Scaduto, legato anche a Leonardo Greco, capo della "famiglia" di Bagheria.
Le condizioni strategiche per la soppressione dei concorrenti in seno all'organizzazione sono, a questo punto, tutte favorevoli allo schieramento guidato da Salvatore Riina e Bernardo Provenzano.
Nell'arco di pochi mesi, grazie anche ad una sapiente regia che guida l'azione di infiltrati e traditori nelle "famiglie" avversarie, vengono assassinati Stefano Bontate (23 aprile 1981) e Omicidio InzerilloSalvatore Inzerillo (11 maggio 1981); i gruppi di fuoco dei "corleonesi" scatenano una spietata caccia a tutti gli uomini fedeli a Bontate, Inzerillo e Badalamenti, uccidendo alleati e familiari, ed estendendo il sanguinoso assestamento strategico anche altre province siciliane. La famiglia di sangue di Tommaso Buscetta (rifugiato in Brasile) viene sterminata, come anche quella di Badalamenti e di Salvatore Contorno, fidato killer di Bontate, che in quei giorni sfugge ad un mortale agguato dei killer dello schieramento avversario.
La strage mafiosa degli anni Ottanta finirà per contare in tutta la Sicilia oltre mille vittime, molte delle quali ancora oggi sconosciute perché soppresse silenziosamente per "lupara bianca", e segnerà la definitiva trasformazione dell'assetto strutturale di Cosa Nostra, che da una organizzazione pluralistica, retta da regole ancora formalmente "democratiche", passerà ad una "dittatura" dei "corleonesi" di Riina e Provenzano, fondata non più sulla ricerca del consenso ma sull'imposizione di regole fondate esclusivamente sul terrore, sia all'interno dell'organizzazione, sia nei confronti della società e dello Stato.